Sito Ufficiale di Paul Michael Glaser

?La nostra capacit di amare il nostro pi autentico potere, il nostro pi

grande potere come esseri umani? PMG

UPDATED
April 27, 2007

FACOLTA? DI MEDICINA della STANFORD UNIVERSITY

Discorso in occasione del conferimento delle Lauree alla

12 giugno 2004

Italiano En Franaise Auf Deustch Espanol

Paul Michael Glaser, MA, Presidente Onorario della Elizabeth Glaser Pediatric Aids Foundation

PIZZO, Rettore della Facolt di Medicina della Stanford University, prende la parola:

Devo dire che? um? siccome ora mi girer per invitare il nostro oratore di questa cerimonia di laurea a raggiungermi, voglio solo anticipare un paio di cose. Non c?era niente nelle mie aspettative, quando stavo lavorando come medico nei tardi anni 80 al National Institute of Health [Istituto Nazionale per la Salute] che mai mi avrebbe fatto pensare che la mia vita avrebbe incrociato quella di un attore di Hollywood, non sembrava avere alcun senso. Ma Paul Michael Glaser e sua moglie Elizabeth entrarono nella mia vita in un modo molto significativo e lo fecero a causa di una malattia, una sulla quale stavamo lavorando nei nostri laboratori e cliniche, cio l?Aids pediatrico. La moglie di Paul, Elizabeth, divenne una delle pi importanti e rilevanti sostenitrici a favore della ricerca pediatrica, come forse mai in questo Paese. Lei davvero, quasi da sola, trasform il modo in cui noi pensiamo di avvicinarci alla malattia stendendo un volto umano su di essa, dicendo quanto questo sia importante. Lei contrasse la malattia all?inizio degli anni 80, quando stava per dare alla luce la prima figlia, Ariel, che nacque con la placenta previa. Elizabeth ricevette trasfusioni di sangue ed allatt Ariel, che rimase contagiata all?insaputa della madre perch a quel tempo non vi erano controlli sul sangue per quanto riguarda il virus Hiv. Elizabeth ebbe un secondo figlio, Jake, che rimase a sua volta contagiato. Elizabeth e Paul fecero qualcosa che penso sia straordinario. Nella mia esperienza, nell?occuparmi di persone con una complessa e lunga malattia, ho imparato che esse nell?affrontarla non sono mai neutrali. Accadono una o due cose. O crollano e ne soffrono le conseguenze oppure diventano pi forti. Nel caso di Elizabeth e nel caso di Paul, essi divennero pi forti. Piuttosto che indietreggiare essi andarono avanti?andarono avanti non solo in favore di loro stessi, ma in favore di schiere di bambini in tutto il mondo.

Conseguentemente alla ricerca l?Hiv largamente sotto controllo in questo Paese, ma circa 1800 bambini vengono infettati ogni giorno nel resto del mondo, particolarmente in Africa. Il lavoro che la Elizabeth Glaser Pediatric Aids Foundation ha fatto ha aiutato a cambiare questo stato di cose e il cambiamento ora sia a livello internazionale che nazionale nei vari Stati. Paul Michael Glaser, che era una volta Starsky in Starsky & Hutch?ah?ha fatto un?apparizione nel recente film remake della serie, ed ha avuto una produttiva carriera come regista, scrittore e attore. Sono sicuro che nella sua vita mai si sarebbe aspettato che sarebbe diventato padre di una figlia che divenne infetta e mor e che avrebbe perso sua moglie a causa della stessa malattia. Tutto questo l?ha cambiato in maniera significativa e l?ha fatto diventare a sua volta un sostenitore. Segu Elizabeth e divenne Presidente ed ora Presidente Onorario e per quanto mi riguarda, cos come fece Elizabeth, questo sottolinea un?importante realt?che le persone possono cambiare il mondo, davvero possono cambiare il modo in cui noi pensiamo e facciamo le cose. Perci sono molto contento di presentare il nostro oratore oggi?Paul Michael Glaser (battute di mani ed ovazioni)

PAUL: Grazie, Rettore Pizzo (risate)?Devo ammettere che mi diverto ogni volta che dico questo. ?Rettore Pizzo??Phil, che cosa stiamo facendo qui??

PIZZO: Dico la stessa cosa!!

PAUL: (risate) Bene, allora la condividiamo!

Ah, mentre voi studenti stavate sfilando, voi laureati, mentre stavate sfilando, ricordo che?anche se sono laureato e ho un master mai sono stato ad una cerimonia di laurea, neanche alla mia personale, e questa la seconda cerimonia nella quale parlo, e trovo che un?esperienza molto commovente per me?ah?trovo che una bella cosa da vedere, gli studenti e le loro famiglie che celebrano quello che secondo il mio modo di pensare una pietra miliare, ed un grande onore per me essere qui e ringrazio Pizzo per avermi invitato e ringrazio voi per dedicarmi il vostro ascolto e un po? del vostro tempo e spero di poter contribuire in qualche cosa nella vostra esperienza non solo di oggi ma anche di quello che ricorderete e che risuoner attraverso il resto delle vostre carriere e delle vostre vite.

Quando Pizzo mi chiese se avrei parlato alla vostra cerimonia, io, io mi sentii onorato?detto questo?una parte di me avrebbe voluto essere stata un dottore o un ricercatore allo stesso tempo?a parte il fatto di passare una discreta quantit di tempo con medici e ricercatori durante gli ultimi 15 anni, ho una conoscenza relativa del cammino per diventare un dottore, o un ricercatore. Al college, dove ricevetti una laurea specializzandomi in Letteratura Inglese e Teatro, avevo degli amici che erano studenti di medicina. Il loro curriculum faceva paura. Io non superai Chimica, passai soltanto Biologia poich avevo avuto un insegnante rigoroso alle Superiori. Andai avanti per tre semestri nella mia specializzazione mentre i miei amici medici tirocinianti procedettero ulteriormente sulla loro strada attraverso gli studi alla facolt, l?internato e lo stage post laurea. Il pi intimo che io abbia mai avuto in quel mondo stava interpretando il ruolo di un dottore. Un certo Dottor Peter Chernak nella soap opera ?Love of Life? (un sacco di risate). Lui combatteva la classe dirigente, dormiva su un lettino nel suo laboratorio, cucinava salsicce polacche su una piastra, e seduceva le infermiere?non male!! (risate). Aveva anche la capacit di guarire la gente ogniqualvolta gli scrittori lo decidevano.

Un paio di anni fa, mi fu chiesto di parlare ad una conferenza di chirurghi da un medico che voleva promuovere una collaborazione tra questa rara razza di specialisti. Mi trovai a ripensare ad un chirurgo che aveva lavorato su di me dopo che avevo avuto un terribile incidente quando ero giovane. Il suo nome era Edgar Holmes. Era alto, con i capelli bianchi, era uno Yankee del New England. Calmo?molto imponente. E poi pensai a quella volta, quando ero ragazzino, quando andai a caccia con il mio arco e frecce?e il primo animale che colpii fu uno scoiattolo. Lo colpii proprio nel mezzo. E quando lo raccolsi, trafitto, ancora vivo, che cercava di aggrapparsi, che rosicava la mia freccia, mi sentii qualcosa allo stomaco. Era come se io avessi in mano la sua mortalit, la sua e la mia, su quell?asta piumata. E allora io pensai a quelle storie che avevo sentito di giovani medici tirocinianti, che sperimentavano il loro primo taglio, sia esso su una rana o un cadavere, o piuttosto il loro primo impatto con la loro vulnerabilit alla morte e la conseguente paura. E pensai a come il mio Yankee Dr. Holmes era andato avanti come questi uomini e queste donne, come tutti noi facciamo, distanziando noi stessi, abituando noi stessi a quel momento di vulnerabilit, ritenendo questo come una cosa necessaria da fare al fine di ?mantenere l?oggettivit? per essere un buon dottore, un buon chirurgo. Poich addentrarsi nella paura, rivivere la paura, la vulnerabilit con ogni taglio, con ogni incisione del corpo umano, con ogni esposizione alla mortalit?sarebbe impensabile, distruttivo. Come potrebbe una persona sopravvivere allo stress emotivo? Mantenere il controllo della propria vita? Continuare ad essere creativa? ?Mantenere il controllo?. ?Essere creativi?. Il primo una presunzione che lotta nell?illusione che il controllo sia raggiungibile. La seconda, ?essere creativi?, ironicamente richiede una ?perdita? di controllo. Io ho speso gli ultimi sei anni reinventando la mia carriera, studiando, scrivendo. Ed molto il tempo che passo seduto con uno specifico obiettivo nella mia testa verso dove voglio andare, a quello che voglio dire?e non riesco a fare in modo che le cose accadano. Allora penso a quello che mi sta succedendo, in quel momento, proprio allora, questo infatti la sola cosa che so. E se io permetto a me stesso di scrivere partendo da quel punto, riconoscendo quello che , arrendendomi al mio bisogno di controllare il risultato, di progettare la sua direzione, io scopro ci che esso e i miei personaggi lo vogliono dire e lo fanno. La paura, certamente, che esso non avr niente a che fare con quello che sto tentando di scrivere. E la mia esperienza, sempre e sicuramente, che quando io ho fede in ci che , quando ?possiedo? ci che , allora i miei personaggi immediatamente si uniscono alla mia ricerca, al mio cammino, e poich la storia proviene da me, i miei personaggi possono poi prendermi per mano e condurmi attraverso di esso. Essi possono parlarmi?quando ho fede.

Quando dirigo gli attori, spesso cerco di metterli in una condizione in cui non hanno controllo, in cui si sentono impauriti e devono sperimentare la loro nudit, nel momento, in grado solo di affrontare quello che . E quando ci accade ed essi si rendono conto che non moriranno per questo, l?esperienza un successo. E? una riaffermazione di fede. Una connessione con qualcosa di pi ampio di loro stessi al quale possono cedere tutto il controllo. E uno potrebbe chiamare questa ?connessione? con qualcosa di pi grande l??essere creativi?. Sia che si tratti di recitare, di dipingere un tramonto, di raccontare una storia, di inventare un nuovo pezzo di software, di vendere una nuova linea di vestiario, di scoprire una cura, di curare un paziente o di dialogare tra mortali nemici? proprio quello che noi, come esseri umani, siamo. Noi viviamo per comunicare. Per creare. Il nostro permanente impulso biologico e spirituale quello di creare, di vivere nell?atto del divenire. Non una scelta. Non qualche cosa sulla quale abbiamo un qualche controllo. E? l?esperienza della nostra esistenza. La nostra scelta quello che facciamo con le nostre menti, quello che facciamo con la nostra paura.

Quando la mia vita venne imbrigliata nell?epidemia dell?Aids, i dottori non erano pi una visita occasionale per un problema fisico passeggero, i ricercatori non pi i maghi di cui leggevo sulle riviste e sui giornali. Durante il mio cammino di perdita di mia moglie e di mia figlia a causa dell?Aids, e poi di guida della Elizabeth Glaser Pediatric Aids Foundation, mi ritrovai a parlare e ad ascoltare, ad osservare i medici e i ricercatori. Riuscii a vedere la loro umanit, spesso misurata, nascosta dietro i loro camici bianchi e i loro stetoscopi e microscopi. Vidi come affrontavano quello che sapevano e quello che non sapevano. Sentii la loro frustrazione, vidi la loro difesa contro la loro stessa paura di essere impotenti. Sperimentai la loro umanit, la loro speranza, il loro bisogno di trovare, di fare, di essere?di guarire. Quelli che erano creativi, e quelli che erano reattivi e operanti, indifferenti idraulici ed elettricisti, incapaci di sentire?di ascoltare le semplici grida di aiuto provenienti dal nostro comune sforzo verso la vita e la morte. Quelli che vedevano loro stessi come ancora desiderosi di imparare, di cercare se stessi nell?impegno per gli altri, e quelli la cui priorit era il successo finanziario, la sicurezza e il bisogno di un?identit, per essere validi e importanti. Uno degli aspetti interessanti dell?et la capacit di vedere in prospettiva, di arrivare a vedere come il comportamento umano passi attraverso tutti i cammini della vita umana?e ci permette, se e quando lo scegliamo, di vedere quanto noi abbiamo pi in comune con i nostri simili di quanto ci piaccia credere. Questo d a noi che stiamo camminando solo appena davanti a voi il vantaggio del ?senno di poi?, di vedere la nostra giovent in voi, sapendo quello che non sapete, quello che non potete, che noi davvero siamo stati come voi, abbiamo sentito e conosciuto tutto quello che voi avete sentito e conosciuto?il sesso, le droghe, e s, il rock and roll?e per quanto divertente o non attraente questo possa sembrarvi?noi veramente abbiamo sperimentato tanto delle vostre lotte e sforzi.

Tuttavia il nostro senno di poi non ci d la vostra prospettiva di questo mondo che state ereditando. Della pi grande quantit di informazioni che voi elaborate ogni giorno. Di come ci si senta nella vostra pelle, vivendo tanto pi vicini ai vostri simili attraverso la televisione, i computer e i viaggi in aereo. Di come ci si senta nell?avvertire molto pi acutamente il terribile vuoto dell?anonimato. E di come ci si senta a sapere consciamente o subconsciamente che stiamo vivendo, per la prima volta nella storia dell?umanit, con una consapevolezza che questo pianeta, che questa Madre Terra, nostro ospite, fornitore di limitate risorse, sovrappopolato, inquinato ed esaurito. E noi possiamo solo immaginare, quando ci esuliamo da noi stessi, come affrontate la nascente consapevolezza che nel vostro mondo c? meno di tutto. C? meno ricchezza, concentrata in meno mani. Meno educazione, meno opportunit, meno speranza per i nostri figli, per i figli dei nostri figli di assicurare un futuro. E sulla bilancia dell?universo, della vita, dove c? un meno c? sempre un pi. Pi paura, pi violenza, pi malattie. Un pi grande abisso tra quelli che hanno e quelli che non hanno. Un pi grande bisogno di tenerci stretto quello che abbiamo, di negarlo agli altri, di nasconderci dietro filosofie religiose e politiche, sistemi di credo che temporaneamente ci confortano con l?illusione di sentirci forti, giusti, controllati, perch l?alternativa, quella di riconoscere quanto invece noi TUTTI siamo pieni di paura, troppo dannatamente terrificante, troppo dannatamente caotica.

Quando Pizzo volle che io intervenissi, mi chiese di parlare della mia esperienza sulla necessit della ricerca e del sostegno nel mondo della scienza e della medicina. Noi stiamo vivendo in un?epoca dove sempre pi scelte hanno a che fare con le esigenze concrete della nostra esistenza?.assicurare un posto nel mondo per noi stessi, per le nostre famiglie, pagare l?affitto, avere da mangiare, provvedere ad un?educazione, ad un futuro. La ricerca spesso non d una tale sicurezza. Nel mondo della medicina pediatrica, per esempio, ci sono altre applicazioni della stessa scienza?preparazioni scientifiche e mediche che sono molto pi remunerative.

Potrei parlarvi dell?importanza del cercare e del ri-cercare?.di quanto un diverso sostegno abbia fatto riguardo all?Aids, cos come in molte altre aree. Potrei anche parlarvi del ristagno in cui si trova la ricerca, di quanto la nostra paura del cambiamento, dell?ignoto, determini in noi l?accettazione, anche la difesa dello status quo?.e ci eviti le difficili domande per le quali sembrano non esserci risposte. Potrei parlarvi dello scarso progresso nel contrastare l?Aids ovunque nel mondo e della mancanza di ricercatori nelle nostre scuole e nei nostri ospedali. Tuttavia oggi voglio parlare di quella parte di noi che ci consente di aiutare noi stessi e gli uni gli altri di fronte alla nostra paura. Di quella parte di ME agli inizi di questa pandemia dell?Aids che colp la mia famiglia , quando intrapresi un viaggio in cui seguendo la morte di mia figlia e l?incombente morte di mia moglie, mi fu data una scelta: la scelta o di essere io una vittima nella mia impotenza di fare, di poter colpire alcunch, e cos diventare un vecchio uomo amareggiato, oppure di cercare nella mia debolezza e paura un modo per onorare la mia vita, di trovare il mio cuore, di imparare e crescere. Ed io sono stato fortunato che mi si sia presentata questa scelta.

Si dice che solo quelli che hanno sperimentato la propria mortalit attraverso la perdita di una persona amata o la vicinanza alla loro propria morte possono conoscere questa scelta, poich quella la pi grande esperienza della nostra paura di essere impotenti?. la nostra mortalit. Mi azzardo a dire questo, mentre noi facciamo di tutto per negarlo, noi ci stiamo velocemente avvicinando ad un tempo quando questa paura, questa estrema impotenza sta mostrando se stessa via via in sempre pi modalit , sotto un?apparenza a cui siamo sempre indotti per mantenerci calmi, controllati e a posto. La nostra paura un anatema per noi, e facciamo qualunque cosa per evitarla, con il detrimento della nostra creativit, del nostro vero esistere, e sacrifichiamo la nostra capacit di cercare, e nell?accettare lo status quo, di ricercare, di riscoprire, di riunirci a quel corpo della consapevolezza di cui siamo tutti una parte. Di ricordare quello che noi tutti sappiamo e sapevamo al momento della nostra nascita. Noi sacrifichiamo la nostra esperienza di essere creati e di essere creativi. E in nome della sicurezza facciamo scelte lontane dai nostri cuori, lontane dai nostri reali bisogni come individui e come civilt.

Eppure abbiamo un grande bisogno di fare esperienza della nostra paura ad un certo livello. Noi raccontiamo storie di cataclismi, film tipo ?The day after?, dove riusciamo a sperimentare la nostra comune paura cos come la nostra capacit di sopraffare questa paura. Perch questa la funzione sociologica e spirituale del raccontare storie?di riaffermare la nostra abilit di superare la nostra paura della morte. E allora, com? che nella nostra vita di tutti i giorni creiamo qualunque avversione che riusciamo rispetto a questa paura, sia essa una super abbondanza nel cibo, nelle droghe, nel lavoro, oppure nella nostra indipendenza di giudizi che ci rassicura sul fatto di avere ragione, che gli altri hanno torto, che loro sono deboli, che noi siamo forti, che loro non sanno, che noi sappiamo?che la nostra via la migliore, la loro non lo ?.. Com? che questa nostra paura un anatema per noi?? Che facciamo di tutto per tenere a bada la nostra paura permettendo a noi stessi di sperimentarla solo nel relativo conforto e sicurezza delle nostre storie, dei nostri rituali religiosi, dei nostri film, della nostra musica e nelle eroiche imprese dei nostri eroi sportivi? Cos? questa paura che non se ne va via?? Questa paura che si annida nell?ombra delle nostre vite, sempre l sia che vogliamo riconoscerlo o no?.. Il Grande Creatore del Diniego? E s, quello non ha alcun fiume in Egitto.

I grandi Maestri?.Ges, Buddha, Maometto e altri hanno studiato e parlato di questa paura. Hanno parlato di questa paura della nostra mortalit e della nostra apparente impotenza di fare una qualunque cosa al riguardo, l?impotenza di contrastare l?inevitabilit della nostra natura. Essi hanno studiato e insegnato che la nostra paura non un nostro nemico, non qualcosa da essere evitato a tutti i costi, contrariamente alla romantica idea che ?Non c? niente di cui avere paura se non la paura stessa?. Che quando noi sperimentiamo questa paura, quando pronunciamo le parole? ?Ho paura?? noi abbiamo la scelta, la capacit di riconoscere che essere impauriti non ?chi? noi siamo. Non la nostra identit. E mentre c? una parte di noi che ha paura, c? anche una parte che non ne ha. Che noi possiamo scegliere di riconoscere il posto e i parametri della nostra paura cos come quelle parti di noi che non stanno sperimentando la paura. Io sento paura nel mio ventre, o nel mio petto, o nella mia gola?.ma, proprio ora, non la sperimento nella mia testa, nel mio mignolo, nel mio gomito. Come mai questo? E da dove io sto facendo questa osservazione??? Quale parte di me in grado di vedere la mia sofferenza, la mia paura come qualcosa di separato? Vedere la mia paura come qualcosa di separato? E? questa parte di me la stessa parte che consente ad ognuno di noi, come se fosse sospeso nell?aria guardando verso il basso, di vedere noi stessi, io che guardo me stesso qui in piedi, che parla, voi che guardate voi stessi seduti l, che ascoltate, annoiati, confusi?. un lungo mattino e so che volete uscire di qui?. questa la stessa parte di noi che in grado di vedere noi stessi pensare e sentire? E? questo ?posto?, dal quale sto vedendo tutto ci, questo quello che veramente sono?.la mia consapevolezza, la mia coscienza, il mio posto del ?conoscere? che una parte del ?tutto conoscente??del quale noi siamo tutti una parte??

E quando siamo in grado di riconoscere questo, di vedere la nostra paura e sofferenza da questo posto separato?.di non dire ?Ho paura? come se ci fosse quello che sono, noi allora abbiamo l?opportunit di dire: ?Ragazzi, davvero difficile essere un essere umano. Difficile riconoscere che a livello cellulare, a un livello biologico, una volta concepiti, il nostro orologio sta andando avanti, il nostro morire iniziato e che non abbiamo nessun controllo su questo?.

E dal nostro posto dentro noi stessi da cui siamo testimoni, noi abbiamo l?opportunit di osservare il nostro ego, i nostri pensieri, ardenti e rombanti nello sforzo di creare l?illusione di avere qualche controllo, qualche potere. Noi abbiamo l?opportunit di vedere come i nostri pensieri creino sistemi di credo, illusioni di possesso, giudizi su ci che buono, cattivo, falso, vero, bello, brutto?E che niente di tutto questo cambia la verit di base della morte delle nostre vite nella costanza del cambiamento. E in questa opportunit di testimoniare la nostra condizione di esseri umani in presenza della nostra paura, della nostra mortalit, noi possiamo scegliere di odiare noi stessi, oppure di amare noi stessi, o possiamo scegliere di provare compassione per noi stessi. E quando scegliamo la compassione per noi stessi, possiamo trovare compassione per gli altri. E in quel momento noi possiamo riconoscere nei nostri cuori, nei nostri esseri, che noi davvero siamo ?uno?. Quello che i Maestri hanno imparato e praticato che necessario conoscere la nostra paura, riconoscerla, sedere insieme alla nostra paura, al fine di conoscere i nostri cuori. Che il nostro riconoscere questa paura la via per la nostra compassione, la via per la nostra capacit di amare. Noi abbiamo bisogno della nostra paura?al fine di trovare il nostro amore. Essi vanno insieme. Ying e Yang.

Non stiamo noi vivendo al pi grande livello di paura conosciuto dal genere umano fino ad oggi?? Ci sono pi ?senza? che ?con? nel mondo oggi?? In questo Paese oggi? Si sta allargando l?abisso tra ricchi e poveri? C? meno educazione per le masse? Meno istruzione? Non lascia questo sempre di pi con sempre meno opzioni, scelte, speranza per il futuro, per il futuro dei loro bambini? S. Offre cos poco il mondo oggi a queste persone che solo un aldil sembra una risposta plausibile? S. E? diventato il mondo cos materialisticamente saturo sulla scia del nostro stile americano di vita e cos spiritualmente povero che il fondamentalismo estremo sta aumentando sempre pi, non solo quello islamico, ma anche quello cristiano ed ebraico? Riconosciamo questo estremismo nel nostro Paese, nel nostro governo?

E davvero ci stiamo chiedendo perch tanti sacrificano le loro vite, vite private di speranza per un futuro, e uccidono altri con le armi che noi gli abbiamo venduto, profanando i sogni che noi gli abbiamo venduto? E poi sottratto loro?

Tutto in nome della ?Democrazia? quando quello che veramente intendiamo ?capitalismo?, sfruttamento e possesso. Tutto in nome dei ?diritti umani?, quando noi abbiamo gravemente violato i diritti di tanti esseri umani per inseguire i nostri propri interessi materiali? Tutto per esercitare il controllo. Stanno le nostre braccia stringendosi intorno a quello che possediamo? Tenendo stretto ci che abbiamo, ci che pensiamo di aver bisogno di controllare? Isolandoci gli uni dagli altri, dalla nostra umanit cos come dal mondo? Dove saremo in questo Paese tra 10-15 anni quando la Cina la pi grande potenza economica del mondo e noi abbiamo solo una potente provvista di armi per mantenere un reattivo controllo su un mercato che sta sparendo e una presenza nel mondo dove gli altri hanno scelto di commerciare i loro beni altrove?

Siamo davvero cos ciechi alle prospettive storiche visto che anche i nostri leaders non riescono a leggere, o sono troppo orgogliosi e narcisisti, angosciati dalla loro stessa paura, impauriti di leggere, e rifiutano di vedere le scritte di sangue sui nostri muri? Quanto pi grandi dobbiamo fare queste lettere perch i nostri leaders diano ascolto agli insegnamenti di quelli che li hanno preceduti? Come cercheremo di trovare i nostri cuori in questi tempi? Come troveremo la nostra creativit? Come troveremo la nostra compassione? La nostra umanit? Come cresceremo quando tanta gente nel mondo intorno a noi sta morendo??

Essere un buon medico, un buon ricercatore, essere qualcuno che riesce ad ascoltare, assimilare e diagnosticare informazioni dall?esterno, ma che riesce anche ad ascoltare e sentire quel che proviene dal di dentro. Impegnato a sedersi con la propria paura e vulnerabilit per imparare da se stesso nello sforzo di guarire, di scoprire. Impegnato nel giungere a riconoscere che siamo tutti lo stesso, tutti ?uno?. Impegnato nel guardare oltre ci che pensa di voler trovare, conoscere. Nell?espandere i parametri di ci che considera fattibile, controllabile. Nel cercare, nell?imparare dove ci non sicuro e confortevole, ma nell?avere fiducia nella pi ampia prospettiva dove tutte le malattie, tutte le vite sono una parte dell? ?uno?. Connesso, e poich connesso, collaborativo. E imparare da questa collaborazione, che noi stessi dobbiamo collaborare, dobbiamo lavorare insieme come uno. Imparare a nutrire la nostra reciproca umanit, la reciproca paura, speranza e fede. Sperimentare la nostra compassione e la nostra creativit reciprocamente.

Noi viviamo le nostre vite per morire. Con ogni esalazione, con ogni lasciarsi andare, con ogni momento di allentamento?noi cerchiamo, come lemmi verso il mare, di morire dentro l? ?uno?, dentro il tutto dell?esistenza. Noi mettiamo in atto questo nel corso della nostra vita.

Noi adoriamo questo nei nostri eroi, che di fronte a grandi avversit e ad una morte simbolica o reale, sono in grado di essere presenti, di riconoscere la loro paura, e da quello stato di conoscenza, di coscienza, riescono a raggiungere risultati eroici. Noi gioiamo di questo quando stiamo con il nostro eroe sulla nostra base, le basi riempite, punteggio pari, due outs, ultimo game della World Series e lui mette a segno un punto. Noi ci rallegriamo di una bella palla a golf o a tennis. Nella straordinariet di un?impresa, in una grande scoperta, in un sacrificio eroico, nella nascita di un bambino, nella comunione con qualunque cosa o corpo che ci d il senso di essere ?uno?. Di appartenere. Noi cerchiamo di abbandonarci ad un mondo pi elevato?ad un luogo di pace e unit. Uno stato d?essere che cambiamento, dove noi andiamo per stare, attraversare?.e per lasciarci andare?.

Oggi solo un momento lungo la strada della vostra vita, della vostra vita di giovani. Il livello di opportunit per la compassione, per l?amore, per l?umanit dei nostri esseri di evolvere oltre la nostra natura proporzionato alla quantit di paura, odio e distruzione che stiamo sperimentando su questo pianeta. Voi potreste essere e sarete intimiditi da questo. Ci contager costantemente le vostre vite, cercher di costringervi all?apatia e al cinismo, minaccer di distruggere le vostre speranze e sogni dentro rimpianti e autorecriminazioni. Vorr spingervi all?odio e alla collera, all?impazienza e all?intolleranza, vi indurir nei giudizi. Ma non vi priver del diritto dato da Dio di scegliere. Il vostro divino diritto di ottenere forza e aiuto dall?innata consapevolezza che noi apparteniamo gli uni agli altri, all? ?uno?, al tutto. Che c? un?irrefutabile verit nella nostra esistenza testimoniata dalla nostra capacit e scelta di riconoscere la nostra coscienza. Questa la vostra eredit. Questo quello che tutte le vite venute prima di voi vi hanno dato. Questo ci che voi potete offrire ai vostri figli. Al mondo. All?universo. Che c? la scelta di essere consapevoli. Poi potete scegliere di praticare questa scelta.

Concludendo, mi piacerebbe condividere una poesia tra le mie preferite, con cui penso molti di voi abbiano gi familiarit. Per me una cosa bella?. che ha continuato a riecheggiare dentro di me negli anni che sono seguiti dopo la prima volta che l?ho letta?..

DUE STRADE DIVERGEVANO IN UN BOSCO INGIALLITO

E PURTROPPO NON POTEI PERCORRERLE ENTRAMBE

ED ESSENDO IL SOLO VIAGGIATORE, A LUNGO RIMASI LA?

AD OSSERVARNE UNA IN FONDO FINCHE? POTEVO

FIN DOVE ESSA CURVAVA NELLA BOSCAGLIA?

POI IMBOCCAI L?ALTRA?

E FORSE A MAGGIOR RAGIONE,

POICHE? ERA ERBOSA E NON MOSTRAVA SEGNI?

BENCHE?, IN FONDO, IL PASSARE DELLA GENTE

LE AVESSE INVERO CONSUMATE PIU? O MENO LO STESSO,

E TUTTE E DUE QUEL MATTINO UGUALMENTE SI STENDEVANO

E SULLE FOGLIE NESSUN PASSO SI ERA POSATO ?.

OH!, IO CONSERVAI LA PRIMA PER UN ALTRO GIORNO!

TUTTAVIA, SAPENDO CHE STRADA PORTA A STRADA,

IO DUBITAI CHE MAI SAREI TORNATO INDIETRO?.

RACCONTERO? QUESTO CON UN SOSPIRO?

DA QUALCHE PARTE ?PER ANNI E ANNI NELL?AVVENIRE:

DUE STRADE DIVERGEVANO IN UN BOSCO, E IO,

IO IMBOCCAI QUELLA MENO BATTUTA,

E QUESTO HA FATTO LA DIFFERENZA??

(ROBERT FROST)

Congratulazioni e buona fortuna?..

~PMG

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